Un dato allarmante è stato pubblicato oggi dal ministero del Lavoro: i licenziamenti, nel secondo trimestre del 2016, sono aumentati del 7,4% rispetto al secondo trimestre 2015.
Nel complesso, invece, sono state registrate 2,45 milioni di attivazioni di contratti a fronte di 2,19 milioni di cessazioni.
Molte di queste sono dovute al termine del contratto a tempo determinato (1,43 milioni) e, anche questo un dato allarmante, sono aumentate quelle promosse dal datore di lavoro (+8,1%). Tuttavia, si sono ridotte quelle chieste dal lavoratore (-24,9%).
Andando ancora più a fondo su queste cifre, notiamo che i licenziamenti sono stati 221.186, ben 15.264 in più rispetto al secondo trimestre 2015. Tra le cessazioni richieste dal lavoratore sono in calo considerevole sia le dimissioni (293.814, -23,9%) sia i pensionamenti (13.924 , -41,4%). Per le donne le uscite per pensionamento sono crollate (-47%), e questo è dovuto anche alla stretta sui requisiti per la pensione di vecchiaia scattata quest’anno. Un calo ancora più consistente si era registrato nel primo trimestre con le cessazioni per dimissioni per pensionamento delle donne ferme a 3.169 (-64,9%).
Nuove critiche al Jobs Act
Secondo gli analisti, la ragione del flop sarebbe da ricercare nei soldi che il governo ha stanziato a favore delle imprese che assumevano giovani per pagare una parte dei contributi previdenziali e assicurativi. In tal modo, molti avevano regolarizzato la posizione dei propri lavoratori in nero, ma nel momento in cui quegli incentivi sono finiti, la bolla è esplosa e i numeri negativi sono venuti a galla. “Tra la propaganda roboante del governo e l’afflusso di liquidità verso il sistema delle imprese c’è una realtà di uomini e donne che sta pagando sulla propria pelle i guasti di una riforma fallimentare“, attaccano i militanti di Act, costola giovanile di Sinistra Italiana.
Secondo gli attivisti, gran parte dei quali vivono sulla propria pelle la precarietà del mercato del lavoro, “si può ormai parlare di fallimento della riforma del lavoro su cui il governo Renzi aveva scommesso, per ‘cambiare verso’ all’economia nazionale. I dati del II trimestre raccontano l’aumento del saldo negativo tra attivazioni e cessazioni dei contratti a tempo indeterminato”.