Questo è il ponte Francis Scott Key a Baltimora, che crolla dopo un impatto con una nave cargo. è successo attorno alle 6 e 30 del mattino, orario italiano, del 26 marzo
La nave cargo che ha causato il crollo ha prima perso potenza, guardate le luci e poi ha cominciato a produrre fumo nero prima dell’impatto con uno dei piloni del ponte.
Ma come è possibile che un ponte crolli in questo modo?
Un ponte è in grado di sostenere il proprio peso sommato a quello dei veicoli che lo attraversano grazie alla sua struttura, i piloni e gli archi hanno un’importanza fondamentale.
Se il numero di vincoli o di appoggi, di piloni nel caso del Francis Scott Key è uguale al minimo richiesto per la stabilità, il ponte in gergo tecnico si chiama isostatico.
Ovvero, in parole più semplici, un ponte isostatico sta in piedi solo quando tutti i pezzi che lo compongono stanno svolgendo il proprio ruolo, basta la rimozione di un singolo pezzo perchè crolli.
Questo tipo di ponti sono stati costruiti per decenni perché per gli ingegneri è piu semplice fare calcoli riguardo la loro stabilità. In passato non c’erano gli strumenti che ci sono oggi, quindi si tendeva a costruire strutture facilmente controllabili con calcoli umani.
Oggi riusciamo a costruire anche ponti iperstatici, ovvero ponti in cui il numero di vincoli è maggiore del minimo richiesto per la stabilità, cioè, un’altra volta in parole semplici, un ponte iperstatico potrebbe rimanere in piedi anche dopo la rimozione di un pezzo.
Abbiamo imparato a costruire questo tipo di ponti di recente, con l’avvento di nuovi metodi di calcolo numerico e oggi vengono costruiti sia ponti iperstatici che isostatici a seconda delle situazioni.
I lavori del ponte Francis Scott Key però sono iniziati nel 1972.