Roma, 26 feb. (askanews) – Come ogni anno da 29 anni, l’Azerbaigian ricorda oggi una delle date più drammatiche della sua storia, quella del massacro di Khojaly.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 1992, le forze armate dell Armenia, con la partecipazione del 366esimo reggimento di fanteria motorizzata dell’ex Unione Sovietica, commissero una strage nella città della regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh: causando la morte di 613 civili.
Per ricordare il tragico evento, quest’anno l’Ambasciata dell’Azerbaigian insieme all’associazione "Comunità Azerbaigiana in Italia", ha organizzato una conferenza online articolato e il concerto "Sulle Ali di Khojaly – l’Araba Fenice".
Per l’ambasciatore azerbaigiano in Italia Mammad Ahmadzada quello di Khojaly è stato un eccidio senza precedenti che ha dato il via al conflitto durato tre decenni e che si è concluso soltanto dopo la guerra dei 44 giorni e gli scontri avvenuti alla fine del 2020: "Questi crimini commessi nella città di Khojaly non costituivano un evento isolato o sporadico ma facevano parte della politica diffusa e sistematica dell’Armenia".
"Il massacro di Khojaly è stato commesso con l’intento di annientare i residenti unicamente sulla base del fatto che erano azerbaigiani"
"Il massacro è stato propriamente caratterizzato come atto di genocidio con elementi di pulizia etnica".
In quella notte e nei giorni che seguirono l’assedio le forze armate dell Armenia, con la partecipazione diretta del 366esimo reggimento di fanteria motorizzata dell’ex Unione Sovietica, morirono 63 bambini, 106 donne e 70 anziani, altre 1.000 persone rimasero ferite e 1.275 furono prese in ostaggio, ha ricordato ancora l’ambasciatore: "Nel 2020 l’Armenia ha commesso gli stessi crimini di guerra del 1992, prendendo di mira civili e ha utilizzato armi più letali comprese bombe a grappolo e sistemi missilistici per causare più vittime tra i civili".
"La liberazione dei territori azerbaigiani nel Nagorno Karabakh apre ad opportunità di pace, dialogo e coperazione ma l’impunità di cui godono autori di crimini contro civili continua ad impedire il processo nel raggiungimento della pace durevole e della riconciliazione tra azerbaigiani e armeni".
Alla conferenza hanno preso parte anche il Senatore Stefano Lucidi – Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia-Azerbaigian, il professore Franco Cardini – accademico, storico e saggista, il professore Carlo Frappi dell Università Ca Foscari di Venezia e l editore, esperto di spazio post-sovietico Sandro Teti.
Quest’ultimo ha voluto ricordare il libro di Arye Gut "Il dolore", edito dalla sua casa editrice che narra gli eventi di Khjaly e la presentazione fatta con l’autore e l’ambasciatore
Il professor Frappi ha voluto sottolineare quale fosse il contesto internazionale in cui si svolsero i fatti di Khojaly e la difficoltà di trovare una soluzione nonostante le Risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a favore dell’integrità territoriale azerbaigiana: "Khojaly mette per la prima volta in evidenza questo drammatico cortocircuito comunicativo, fatto di disinteresse, di scarsa conoscenza, di pregiudizio e di propaganda. Un cortocirciuto che rappresenta uno dei motivi prioritari e una delle principali concause alla base della protrazione del conflitto, alla base della incapacità della comunità internazionale di trovare una soluzione del conflitto sulla base di quei principi di inviolabilità delle fronteire e di integratità territorale dell’Azerbaigian che paradossalmente la comunità stessa ha affermato nelle risoluzioni Onu".
Il senatore Lucidi ha voluto guardare al futuro dopo l’accordo firmato tra Baku, Erevan e Mosca per il Nagorno Karabakh: "Oggi stiamo commemorando questi epidosi in un clima molto diverso, in cui la diplomazia avrò un ruolo fondamentale come ha avuto in passato".
"Adesso è il momento per l’Azerbiagian e per l’Italia di poter pensare a un nuovo Azerbaigian e alle prossime genefrazioni e possiamo farlo insieme sotto il punto vista diplomatico e politico ma anche culturale".
Alla conferenza è seguito il concerto in ricordo delle vittime di Khojaly, dell’Ensemble cameristico "I Bricconcello", con al violoncello Pierluigi Ruggiero e al pianoforte Luciano Di Giandomenico, e che ha visto l’alternarsi di brani di grande intensità, sia del patrimonio classico azerbaigiano che italiano ed internazionale.
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