Un prezioso libro sulla strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, a due passi dal Duomo di Milano. L’innocenza di Valpreda. La scoperta dell’orrendo complotto internazionale gestito dalla loggia massonica P2. Il sacrificio di Walter Tobagi
Ero a Genova, redattore del Secolo XIX, quel 12 dicembre 1969. Dopo un paio di giorni convulsi, tra inchieste, depistaggi e manipolazioni, il direttore Piero Ottone, il più grande giornalista che ho incontrato nella mia lunga vita, entrò in redazione, raggiunse il caporedattore e gli disse: "Oggi dobbiamo scrivere in prima pagina che chiediamo scusa agli anarchici per averli sospettati della strage di Milano". Piero, che sapeva sempre prevedere gli sviluppi di un fatto gravissimo, aveva colto nel segno. Mentre i grandi quotidiani nazionali si perdevano nel corridoio angusto dei "ma", "se" e "però", il giornale genovese fu il primo ad annunciare il serio pericolo: dietro la strage di piazza Fontana alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, a due passi dal Duomo, si era consumato un crimine odioso, un complotto internazionale mostruoso. Sono grato a un caro e bravo collega del Corriere della Sera, Fabio Sottocornola, che assieme allo studioso e scrittore Luigi Lusenti ha dedicato un libro a quella data che a tutti noi è costata "La perdita dell’innocenza" (Calibano editore). Dietro quella strage, seguita da una lunga serie di altri attentati terribili, si celava infatti un piano di destabilizzazione complesso e orribile, che ha cambiato la storia del mondo e quella delle nostre relazioni, andando a inquinare anche il Vicino Oriente. Tutti, da Beirut ad Amman, da Gerusalemme a Bagdad, dal Cairo a Teheran, a Algeri prendevano coscienza della fragilità italiana, esposta a mostruosi pericoli. Come hanno dimostrato la strage di Bologna, le porcherie di Freda e Ventura, con il processo-farsa emigrato a Catanzaro, e una miriade di episodi delittuosi da togliere il sonno. Occupandomi già di terrorismo internazionale approdai a Milano per indagare sulla Banca ferita a morte. Ricordo che, assieme ai colleghi, torturavamo di domande il commissario Luigi Calabresi. Volevamo la verità ed eravamo sconcertati dal "suicidio" del ferroviere Giuseppe Pinelli che si era lanciato, o era stato spinto, oltre la finestra della questura di Milano, perdendo la vita. Durante le indagini, che avevo deciso di seguire a Roma, scoprii che era impossibile che Pietro Valpreda avesse commesso la strage. Nel pomeriggio dell’11 dicembre 1969 era andato alla Rai in via Teulada per chiedere un lavoro alla celebre ballerina italiana Carla Fracci ( la più brava in assoluto), ma poi, poco più tardi, era andato a riposare. La mattina dopo non c’erano treni Frecciarossa tra la capitale e il capoluogo lombardo. Anche in auto non sarebbe stato possibile arrivare a destinazione, prendere un taxi e portare le valige cariche di esplosivo alla Banca Nazionale… ( di Antonio Ferrari / LaPresse/AP – CorriereTv ). Guarda il video su Corriere: https://video.corriere.it/esteri/vicino-oriente/12-dicembre-1969-l-innocenza-perduta/2fedf6a2-845d-11ed-8dc9-98dfbf9090ba
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